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mercoledì 8 settembre 2010

Rentrée.

Ci siamo.
Scuse terminate: le vacanze le abbiamo fatte, il rientro è stato come sempre un silenzioso rieducarsi alle proprie consuetudini domestiche, ritrovare la solita tazza per prendere il caffè bollente e lungo, i libri che si doveva terminare prima di partire abbandonati sullo scaffale, la casa con angoli di polvere vecchia di settimane ed oramai incancrenita sui putti dei candelieri all’ingresso.

Rientrare dalle vacanze è un rito che si compie sempre uguale, per me. Adoro le vacanze, adoro partire: ma il mio lato selvatico prova un intimo, cupo, profondo conforto nel ritornare quasi furtivamente nella mia piccola tana.
Una rinascita.
Che mi soffoca di felicità.
Ritrovare i propri odori, i propri riti, i propri piccoli scoraggianti disordini (quella borsa piena di riviste da buttare che non si ha cuore di buttare, non senza averle per un’ultima volta spulciate… mai si potrebbe sopportare la leggerezza dell’essersi disfatte di un preziosissimo stralcio di articolo che rimanda ad un piccolo hotel di charme in un luogo sognato da anni in cui non andremo forse mai)…

Non ho sapori del cuore da riportare da queste vacanze pedemontane.
I soliti porcini, certo.
Ieri poi mi sono cimentata, rapita da mille ricette rincorse sui blog di molte amiche perite di strepitose dolcerie ed ansiosa di donare qualche dolcetto a degli amici…
ho creato una pasta sablée che di sablée aveva zero, che si è contorta nel sac à poche ed ha generato stortignacoli biscotti ed una crostata (sì… dovevo buttarla quella pasta, ma anche qui… non ne ho avuto cuore e l’ho rivoltata sul fondo di una tortiera apribile) che si è troppo brunita in cima e sotto è rimasta cruda. Infine una torta salata… con un fondo decisamente troppo alto anche per il più saporito e volonteroso dei ripieni.
Che dire?
Mi rassegno. Ci sono giorni sbagliati per tutto e giorni in cui il tocco fatato fa miracoli con un cucchiaio di farina.

La rentrée è stata dura.
Tornerò presto, anche qui… il mio giardino di famiglia continua a regalarci, con premurosa generosità settembrina, delle pesche. Che ho trasformate in una marmellata che mi proteggerà dai rigori dell’inverno con la sua profumosità vellutata. Con la sua versione, che vi sottoporrò, spero di avervi vicine per l’epoca: di quando in quando, almeno.

Ahh: alla fine la crostata era veramente inaffrontabile; a malincuore, ma ho dovuto buttarla comunque. Quel santo di mio marito per una volta ha capito le mie mestizie ed ha taciuto, sbocconcellandosi con nonchalance un altro biscotto finto sablé.






Dicono che la vita sia breve.
Ma trovo che ci sia sempre tempo
Per un paio di capriole sull’erba.

3 commenti:

  1. bentortata allora! con ...i soliti porcini? ah! cosa darei per un po' di porcini freschi! altro che sablée e sac à poche!
    scherzi a parte, capitano giornate del genere, a volte anche quando hai degli ospiti che si aspettano chissà quali leccornie...
    un bacio
    Shade
    p.s.
    quel portacandele è meraviglioso (ehmm...è un portacandele, vero?)

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  2. yes Stefy, è un portacandele... aus Deutschland, Rothenburg ob der Tauber per la precisione... quando ancora in questa casa si viaggiava!

    in montagna, tonnellate di porcini, fritti, col cinghiale... il mio vicino poi, partiva e tornava col cestino pieno. una delle serate più gloriose è iniziata, dietro invito della sua signora, con un piattone di polenta col sugo di funghi procacciati da lui in mattinata... una prelibatezza!

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