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mercoledì 23 gennaio 2013

sì, ci sono.

sì, ci sono. ci siamo. siamo sopravvissuti al terremoto, due scosse, più forti di tutte le altre di quei maledetti giorni, che ci hanno stravolta la vita. erano il 20 ed il 29 maggio 2012. alla prima delle due, erano le 4 di notte, siamo scappati, tenendo tra le braccia la nostra bimba, giù da quattro piani di scale che non sembravano finire più. alla seconda, io ero con la piccola. eravamo fuori, in un giardino, e per mezz'ora non ho saputo che ne era di mio marito e di mia sorella, entrambi al lavoro. però ho visto mia nonna di 90 anni barcollare mentre un lato della sua casa le si storceva addosso e lei strisciava via a quattro zampe sul selciato; ho visto mio nonno girare l’angolo, le lunghe maniche della sua bella camicia bianca segnate da un rivolo di sangue mentre un muro gli graffiava maleducato un braccio. vedo tutto chiaro ma non sento i suoni, come se non riuscissi a riunire tutto in un unico file audio-video. dall’altra parte ci sono i muri che tremano in un boato cupo e minacciosissimo, a lungo; c’è mia figlia che urla mamma; c’è qualcuno lì intorno che piange e tira su col naso. sono lì, da qualche parte. come se fossero tutte le tessere di un mosaico che il mio cervello ha terrore di comporre, o come se lo facesse per salvarmi. non so. per fortuna i miei cari sono ancora tutti qui. noi invece, baby ed io, siamo in esilio forzato, la nostra casa impraticabile benchè senza danni, perchè nessuno di noi osa riportare nostra figlia lassù. abbiamo preso un appartamento a 70 km da casa: mio marito se ne fa tutti i giorni 160 per il lavoro. noi siamo stanchissime, giochiamo ma non sappiamo più cosa inventarci, niente asilo perchè l'hanno terminato solo a fine dicembre (sono anche stati bravi, era l'ultima cosa, le altre scuole avevano potuto riprendere già a settembre)... dicevo... niente asilo e niente casa. stiamo ristrutturandone una che avevamo presa... così a tutto (mutuo) si aggiunge anche l'affitto per questo appartamento. e soprattutto i tempi di un restauro che si allungano all’infinito, tra imprese di muratori che corrono da un cantiere all’altro, la neve che impedisce ai raffinatissimi intonaci antisismici (bah) di esser stesi se il grado di umidità non è quello riportato sul manuale, ecc ecc. ma va bene. va bene. noi ci siamo ancora tutti, e a distanza di otto mesi non dimentico che invece persone che conoscevo ci hanno lasciati. non dimentico il rumore sordo di mille muri attorno a te che tremano all'unisolo; non dimentico la terra che ondulava sotto i nostri piedi fino a sollevarsi di 12 centimetri; non dimentico che a seguito di quello degli sciacalli ci hanno anche offeso, rubandoci poche ma importanti cose che avrebbero almeno curato il nostro spirito. non dimenticherò mai più. ma ci sono. e i miei occhi hanno ancora voglia di una casa mia che sia un posto che mi protegga e non che mi porti via chi di più amato ho al mondo; ancora i miei libri, ancora le mie decorazioni di natale, ancora i vasi di rosmarino contro il muro d’inverno, ancora gli stampi dei miei dolci da portare qui, in mezzo a voi, alla comunità di persone che quel dramma non l'hanno inciso nell'anima e che mi porteranno a festeggiare, ancora ed ancora una volta in più… insieme a loro.

domenica 4 marzo 2012

that's life.

autonomìa [autono'mia] s.f.
1 s.f. capacità di dare a se stessi le leggi cui ci si sottomette; indipendenza.




"Mamma, posso andare a scuola da sola?"
(2 anni, 11 mesi e i rotti a corollario).

Li cresciamo per questo, no?
Ma perchè poi ti prendono in parola solo per quello che pare a loro?... Mistero:)!

domenica 31 luglio 2011

loro e noi.

scrivo questo post dopo mesi di silenzio

la vita mi ha portata via da questa tastiera, e il desiderio di porvi daccapo le mani sopra è stato letteralmente annichilito, se si vuole disidratato, dalla perdita di mia madre.
era malata. non andavamo affatto d'accordo. penso che non abbia mai fatto un minimo sforzo per capirmi, da adulte poi, per diventarmi amica.
ma la sua scomparsa, per la quale non ho - e si badi, non ritengo casuale la cosa- versato una singola lacrima, si è incistata in qualche recesso della mia anima e da lì ha provveduto a spazzare via alcune cose legate alla vita. Se ad esempio una madre è nutrimento, cibo, vita dunque, dalla scomparsa di mia madre non un solo piatto che non fosse di urgente necessità utilitaristica di sopravvivenza è uscito dalla mia cucina.
eppure ero parte attiva di un forum di cucina: eppure scrivevo con passione e condividevo i miei desideri di conoscenza gastronomica e enologica con molte amiche virtuali -ma neanche poi troppo.

tutto questo con lei è finito.
mi dico che è il nuovo lavoro: iniziato proprio dopo la sua morte. ma così so che non è.

so che dietro tutto questo c'è lei.

alla mia amica dauliana, che ho letto avere attraversato con coraggioso dolore un identico, strettissimo passaggio di cuore e di vita, trasmetto il mio abbraccio fortissimo. ho letto delle tue nuove ricette, della tua discesa in campo verso nuovi contest: sappi che sei la mia apripista.
e che quando riuscirò a rimetter mano alle mie amate fruste, alla mia macchina del pane, ai miei lievitati briochosi, sarà perchè ho pensato anche ad una donna piena di vita come te.

sabato 1 gennaio 2011

Buon anno.

E che, di questo anno, il buongiorno possa vedersi dal mattino.

martedì 2 novembre 2010

When we'll be old.





When You are old.

WHEN you are old and grey and full of sleep,
And nodding by the fire, take down this book,
And slowly read, and dream of the soft look
Your eyes had once, and of their shadows deep;
How many loved your moments of glad grace,
And loved your beauty with love false or true,
But one man loved the pilgrim Soul in you,
And loved the sorrows of your changing face;
And bending down beside the glowing bars,
Murmur, a little sadly, how Love fled
And paced upon the mountains overhead
And hid his face amid a crowd of stars.


William Butler Yeats, 1893

martedì 26 ottobre 2010

Comfort food.

Ci sono giornate che nascono storte: piovose, freddine, di quel freddo misero e vigliacco che nulla ha a che spartire coll’imperiale freddo di certe giornate di dicembre in montagna.
Giornatine così, il cui unico scopo dichiarato è guastare una pur quotidiana e su-piccola-scala festa, gelare i piedi nelle pantofole, e con essi l’umore nel nostro cuore.
Questa crostata è nata in una giornata così.

Quando si dice comfort food il pensiero vola a certi cibi sontuosi, i succulenti arrosti in crosta alla Wellington, i pazienti brasati, le zuppe di zucca e legumi autunnali cotte nel coccio, -zuppe tanto coccolose che le si vorrebbe scucchiaiare direttamente da una vecchia teiera, abbracciandocele addosso mentre stiamo rannicchiate sul divano avvolte dal più morbido dei nostri plaid (e, aggiungo nel mio caso, con qualche micio benevolo che mi dorme acciambellato sui piedi –inteporendoli-). In un perfetto, irraggiungibile, totale silenzio delle stanze e della casa.

Il comfort di questa crostata invece nasce dalla disperata ricerca di un momento di distacco e di estasi come quelli là: dalla certezza che, giornate freddine come queste, questo comfort non ce lo concederanno mai. Dalla certezza che le cose passano, e quando sono lì lì per andarsene e l’evento pare ineluttabile, meglio tagliare il nodo, meglio essere adulti, meglio essere duri e razionali ed accelerare e concludere l’agonia. Tra le varie altre cose... Se ne sono andate le mie adorate giornate di luglio e di agosto, gli alberi di pesco del giardino hanno concluso la loro annuale generosa profferta di frutti, la confettura –ricordate?, ve ne accennai qualche post fa- di pesche settembrine e lavanda era all’ultimo vasetto… le cose che stanno per finire mi stancano.

Via, via.
Terminiamo tutto, ma terminiamolo in gloria... cerchiamo comfort? cerchiamolo allora, ma nel lavoro delle mani e non in quello dello spirito o della mente ché quelli, tanto, mai quieteranno…

Questa crostata vuole così spazzare via bei ricordi, belle giornate, certi buoni odori, il sorriso di certe persone (il suo, caro signor Franco), fermamente chiudere con il sole e guardare in faccia con infinita atrabile ad una stagione –l’autunno- che non ho mai amato pur avendomi dati i natali.
Ma voglio avere l’illusione o la sicurezza di avere io il comando sul mio dolore. E allora… eccovi. Le foto non hanno nulla a che spartire con le quantità degli ingredienti della ricetta (leggete più sotto), sono foto di una versione nata da piccoli avanzi di frolla e di confettura… sono foto di una di quelle meschine, freddine, vigliacche giornate storte di cui vi parlavo prima.
Ma se il dolore può finire in gloria, se la ricerca di un comfort qualsiasi ha una sua dignità ed un suo valore, provatela, è ricca, fragrante, voluttuosamente profumata, ve la offro come un ex-voto. E per favore… portatevi via in soprammercato giornate freddine come quelle.























Crostata “caramellata” di confettura di pesche alla lavanda e liquore d’anice

Ingredienti per la frolla per uno stampo da 24-26cm:
250g di farina 00
150g di burro freddo a cubetti
100g di zucchero semolato
1 tuorlo
1 pizzico di sale
1-2 cucchiai di acqua ghiacciata

Per il ripieno:
400g confettura homemade di pesche alla lavanda, un bicchierino di liquore all’anice

Per la decorazione:
un cucchiaio di zucchero muscovado, un tuorlo d’uovo ed un cucchiaio d’acqua.

Inserire nel robot il burro e lo zucchero: azionare sino a quando si saranno amalgamati. Aggiungere la farina ed incorporare, quindi il pizzico di sale ed il tuorlo, lavorando rapidamente sino a che il composto sia ridotto in briciole. Aggiungere l’acqua ghiacciata un cucchiaio alla volta solo se necessario.
Stendere sul piano di lavoro un foglio di pellicola trasparente, trasferirvi l’impasto, dare la forma di palla e riporre venti minuti in frigorifero. Nel frattempo, imburrare ed infarinare –scrollando l’eccesso di farina- lo stampo da crostata.

Preriscaldare il forno a 180 gradi.
Trascorso il tempo necessario, prelevare due terzi dell’impasto dal frigo e stendere la frolla a 5mm di spessore tra due fogli di carta forno, foderandovi lo stampo; bucherellare il fondo coi rebbi di una forchetta. Frattanto intiepidire la confettura (al microonde o in un pentolino con un cucchiaio d’acqua) per renderla più facilmente stendibile, mescolarvi il bicchierino di liquore e distribuirla sull’impasto.

Prendere poi l’ultimo terzo della frolla, tirarlo col mattarello a 2mm di spessore e con la rotellina creare le striscioline per il reticolato della crostata: disporle sulla confettura e spennellare con il tuorlo battuto col cucchiaio d’acqua. Spolverare poi la pasta con un cucchiaio di zucchero muscovado.

Infornare a forno già in temperatura per 15-20 minuti o in base ai tempi del proprio forno, azionando il grill per un paio di minuti ed avendo cura che la torta brunisca leggermente per la caramellizzazione dello zucchero muscovado.

sabato 9 ottobre 2010

9 ottobre.

piccole cuochine crescono.




e tanti auguri a me.


mercoledì 6 ottobre 2010

... e gesso.



fantastica.

benchè il sovrastante cartello meriti un post da solo, lo condividerà invece con un paio di cosette che vorrei far girare e segnalarvi: sono entrambe del MiBAC, quindi c'è da fidarsi...

la prima iniziativa è per chi adora i libri ed il loro odore: nuovi, fragranti di stampa, antichi e dalle pesanti pagine pergamenose, letti da altri e assorbiti dalle nostre orecchie oppure divorati con gli occhi... qui, http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1525254551.html, ce n'è per tutti i gusti.

ed in più (sì, sì, abbiamo tempo, ma non stratantissimo), anche questa cosa qua, il Progetto Nazionale "Martedì in Arte"


Ogni ultimo martedì del mese a partire dal 28 settembre fino al 28 dicembre, il MiBAC ha organizzato aperture straordinarie e gratuite dei principali musei statali dalle 19.00 alle 23.00. Stupendo, no?
Che aspettate? Qui potete controllare dove andare a deliziarvi sotto le stelle: http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_266383861.html.
Tre per tutte? La Campania mette sul piatto la sua straordinaria Reggia di Caserta, il Veneto le Gallerie dell'Accademia di Venezia, la Toscana e Firenze... le Cappelle Medicee e gli Uffizi.

Sù, sù... già mi è mancato il fiato per l'emozione. Andate...

sabato 25 settembre 2010

Lavanda.




Ha intrinsecamente il profumo del buono, per me. Del pulito, no, meglio, no, di più: del lindo. La sua pianta cresce in virtuosi fitti cespugli dal gambo sottile: e, in fondo, quella spiga violacea offerta con pudore e scanzonata ribalderia assieme.
Ha lo sfondo di quel luogo della Francia, la Provenza, che per un buffo scherzo del destino mi ostino a conoscere solo da remoto, dai libri, dai racconti di viaggio, dai miei frustrati ma mai abbandonati itinerari di sogno: e mai invece ci ho messo piede di persona.
Forse ci rimarrei.
E c’è un’altra cosa: quando la annuso, è come se la mia mente si liberasse, come se di fronte ad essa si spalancasse un nuovo profilo d’orizzonte, come se il campo si sgombrasse e vedessi più nitido. Ho studiato, a questo punto, per andare scientificamente un po’ alla radice di queste mie traveggole: e trovato che le sue proprietà vanno con eleganza dall’antidepressivo al vasodilatatorio, dall’antisettico all’analgesico. Pare il suo delizioso profumo porti con sé delle doti riequilibranti e rasserenanti degli spiriti inquieti. Non ambivo a tanto, ma me lo potevo facilmente immaginare…
Questo mare magno che è il web mi ha regalato due preziosi suggerimenti: quello di farne dello sciroppo, che da quest’estate troneggia nel mio frigo e porta a livelli celestiali le mie cheesecake di pesche (provate anche voi); e quello di abbinarlo ad una frolla delicata -perché senza uova- per crearne dei deliziosi biscottini da tè. Quest’ultimo spunto mi viene dalle preziosissime pagine di un’amica di blog, di una collega mamma, quella sunflowers8 di “Oggi pane e salame, domani…” che ci ha regalato, ad agosto, questa bella versione di biscotti (vi metto il link direttamente, non vi sto a rielencare qui gli ingredienti, ho pedissequamente seguito le sue orme): biscotti che, come scrive lei, sono da fare, e rifare, e rifare…
Sbirciateli qui, http://sunflowers8.blogspot.com/2010/08/biscotti-alla-lavanda-di-lago.html.
Io vi lascio, devo andare a fare colazione, bieca scusa per sbocconcellarmene ancora un paio mentre la casa è ancora silenziosa e tutti, gatti inclusi, fanno la nanna…














postilla del 4 ottobre 2010.

presa in un'estasi olfattiva, li ho voluti anche così: con, al posto della lavanda, dei boccioli di rosa, opportunamente pestati nel mortaio con dello zucchero.
li annuso, chiudo gli occhi, torno in un giardino inglese di tanti anni fa per un po'.



mercoledì 8 settembre 2010

Rentrée.

Ci siamo.
Scuse terminate: le vacanze le abbiamo fatte, il rientro è stato come sempre un silenzioso rieducarsi alle proprie consuetudini domestiche, ritrovare la solita tazza per prendere il caffè bollente e lungo, i libri che si doveva terminare prima di partire abbandonati sullo scaffale, la casa con angoli di polvere vecchia di settimane ed oramai incancrenita sui putti dei candelieri all’ingresso.

Rientrare dalle vacanze è un rito che si compie sempre uguale, per me. Adoro le vacanze, adoro partire: ma il mio lato selvatico prova un intimo, cupo, profondo conforto nel ritornare quasi furtivamente nella mia piccola tana.
Una rinascita.
Che mi soffoca di felicità.
Ritrovare i propri odori, i propri riti, i propri piccoli scoraggianti disordini (quella borsa piena di riviste da buttare che non si ha cuore di buttare, non senza averle per un’ultima volta spulciate… mai si potrebbe sopportare la leggerezza dell’essersi disfatte di un preziosissimo stralcio di articolo che rimanda ad un piccolo hotel di charme in un luogo sognato da anni in cui non andremo forse mai)…

Non ho sapori del cuore da riportare da queste vacanze pedemontane.
I soliti porcini, certo.
Ieri poi mi sono cimentata, rapita da mille ricette rincorse sui blog di molte amiche perite di strepitose dolcerie ed ansiosa di donare qualche dolcetto a degli amici…
ho creato una pasta sablée che di sablée aveva zero, che si è contorta nel sac à poche ed ha generato stortignacoli biscotti ed una crostata (sì… dovevo buttarla quella pasta, ma anche qui… non ne ho avuto cuore e l’ho rivoltata sul fondo di una tortiera apribile) che si è troppo brunita in cima e sotto è rimasta cruda. Infine una torta salata… con un fondo decisamente troppo alto anche per il più saporito e volonteroso dei ripieni.
Che dire?
Mi rassegno. Ci sono giorni sbagliati per tutto e giorni in cui il tocco fatato fa miracoli con un cucchiaio di farina.

La rentrée è stata dura.
Tornerò presto, anche qui… il mio giardino di famiglia continua a regalarci, con premurosa generosità settembrina, delle pesche. Che ho trasformate in una marmellata che mi proteggerà dai rigori dell’inverno con la sua profumosità vellutata. Con la sua versione, che vi sottoporrò, spero di avervi vicine per l’epoca: di quando in quando, almeno.

Ahh: alla fine la crostata era veramente inaffrontabile; a malincuore, ma ho dovuto buttarla comunque. Quel santo di mio marito per una volta ha capito le mie mestizie ed ha taciuto, sbocconcellandosi con nonchalance un altro biscotto finto sablé.






Dicono che la vita sia breve.
Ma trovo che ci sia sempre tempo
Per un paio di capriole sull’erba.

mercoledì 16 giugno 2010

Oggi poesia.

Vagolo in casa, dopo l’acquazzone di stanotte, dopo gli acquazzoni di ieri, dopo una giornata spesa in giro per commissioni non piacevoli eppure indemandabili.
Conscia che mi avrebbe rilassata alquanto concentrarmi alla meticolosa manipolazione di un pane da cuocere in casa, funestata dall’idea di dover accendere il forno. Pare ogni e qualsiasi cosa che desideri fare ( e nonostante le tentazioni dei blog di molte amiche, alla fine mi risolvo a desiderarne davvero pochissime), ebbene dicevo, pare che ogni e qualsiasi cosa io desideri fare passi per l’arroventarmi casa con l’accensione di un forno. Mi spiace: passo.

Pigrizia? Irresoluzione di fondo? Quale che sia la larvata motivazione, ho rassegnato il compito alla mia fedele macchina del pane... che spero mi porgerà una fragrante pagnottona ai semi di girasole in tempo per l’insalata del pranzo di oggi.

Se penso alle frescure marittime della mia breve villeggiatura della scorsa settimana…
Siete anche voi psicologicamente afflitti da questa calura che ammorba per l’umidità, e poi le vampate del pomeriggio, il vapore acqueo e quant’altro? Quando ancora studiavo, a tutto questo conoscevo un unico rimedio: stendermi sul letto e lasciarmi completamente andare nella lettura. Ore ed ore, a malapena girandomi su un fianco quando la canicola mi incollava alle lenzuola di cotone con le sue fiammate cocenti. Sono stati gli anni più belli: gli anni più vivi. Confesso che se la famosa vincita ad un superenalotto cui non gioco mi capitasse per miracolo tra coppa e collo, investirei in una grande casa sul mare (o forse due: una comunque so già dov’è, è a St. Agnes in Cornovaglia –fateci un giro virtuale), una casa che tappezzerei dei molti libri che già voluttuosamente possiedo e dei mille altri che bramo voluttuosamente.


Oggi la mia tesorosa sorella compie gli anni.
A lei dedico queste righe di uno dei volumi che più ho cari, “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar.

“… non ho mai compreso come si possa essere sazio di un essere umano. La molteplicità delle conquiste contrasta con il desiderio di enumerare esattamente le ricchezze che ogni nuovo amore ci reca, di osservarlo mentre si trasforma; fors’anche, mentre invecchia.”



Un immortale: questo busto di Antinoo, al Museo di Delphi.

martedì 11 maggio 2010

Voglia di caldo.







Quanto siete ancora in grado di resistere al freddo che continua imperterrito a penetrarvi le ossa, complice un clima volubilmente atlantico ed il susseguirsi impietoso di un acquazzone dietro l’altro?

Pare dovrete –dovremo- essere pazienti.
Nell’attesa l’acquazzone sia seguito senza soluzione di continuità dalla canicola estiva, stasera ho preparato una cheesecake che voleva essere un parterre de rois di buone intenzioni culinarie: nella fattispecie, avrebbe desiderato essere un’ode al calore dei tropici (cocco), una carezza all’anima (cioccolato), un mantra agli aromi delle passeggiate nel sottobosco (nocciole), uno scacciapensieri di fronte all’imminente prova costume (mascarpone, sì, ma metà dose solo, il resto è l’umile, costante, fedele ricotta).

Tant’è: ecco com’è andata.


Per la base di uno stampo a cerniera apribile di 26cm:
200g di biscotti secchi
120g di burro a temperatura ambiente

Per il ripieno:
250g di mascarpone
250g di ricotta
100g di farina di cocco (cocco disidratato)
3 cucchiai di zucchero
2 fogli di colla di pesce
3 cucchiai di latte
100g di cioccolato fondente
50g di nocciole di giffoni igp tostate e tritate in granella
cacao amaro in polvere per spolverare


Nel robot, mixare i biscotti secchi sino a ridurli in polvere; aggiungere poi il burro e proseguire a mixare fino a che non sarà stato assorbito dai biscotti, formando delle briciole morbide. Rivestire il fondo dello stampo con della pellicola trasparente e compattare il composto sul fondo: riporre in frigorifero per un’ora.

Frattanto, sciogliere nel microonde o a bagnomaria il cioccolato fondente, aggiungere la granella di nocciole ed amalgamare.
Versare il composto su di un foglio di carta forno, sovrapporne un secondo e con l’aiuto di un mattarello stenderlo dando una forma circolare che sia del diametro dello stampo. Sollevarlo delicatamente e spostarlo su un vassoio in modo che stia bene steso in orizzontale: metterlo poi in freezer a solidificare almeno un’ora.

Mettere a bagno i fogli di colla di pesce in acqua fredda per una decina di minuti.
Con le fruste elettriche, montare il mascarpone fino a che sia ben gonfio: aggiungere lo zucchero ed amalgamarlo: infine, inserire nel composto la ricotta.
Intiepidire i tre cucchiai di latte, prelevare i fogli di colla di pesce ammorbiditi dall’acqua, strizzarli e farli sciogliere nel latte caldo: unire poi il liquido al composto di mascarpone e ricotta.

A questo punto comporre la cheesecake.
Prendere lo stampo dal frigo e versare metà di questo composto cremoso sulla base di biscotti.
Pareggiare ed adagiare su di essa il disco di cioccolato fondente e nocciole fatto solidificare in freezer.
Aggiungere poi la farina di cocco alla seconda metà del composto di mascarpone, miscelarlo e versarlo sul cioccolato, pareggiandolo.
Rimettere in frigo per almeno tre ore.

Al momento di servire, spolverare di cacao amaro… ed estrarre contestualmente dal frigo una buona bottiglia di passito di Pantelleria di una cantina a scelta tra quelle del vostro cuore. Come minimo.

sabato 1 maggio 2010

sono una frana.

con le foto, i premi, i meme (??!)... con tutte queste cose, lo dichiaro pubblicamente e chiedo venia, sono una tecno-frana. ne sa qualcosa la mia amica del blog http://lafamevienmangiando.blogspot.com/, che mi ha voluta ricordare tra le sue conoscenze di web con un premio. sono qui per ringraziarla pubblicamente (anna… grazie!), e per assecondare questo riconoscimento tanto dolce e tanto anni '80 che prevede di raccontarsi e confessarsi in dieci punti...

dieci... dieci...

dieci???

mi viene il blocco-panico dello scrittore, oddio, pagina bianca, oddio, sudore sul palmo delle mani, oddio… in che guaio mi sono andata a cacciare... oddio...
che scrivo adesso?...

oddio...
quasi quasi ci dormo su...

posso svelare al massimo tre, quattro cose…
ok, facciamo che parto da quanto ci ha narrato di sé anna e mi racconto a voi per contrapposizione, che è più facile…
-sono un po’ solitaria, un po’ scorbutica… all’apparenza sono arrendevole perché dico spesso le cose col sorriso… clamoroso equivoco!, è che sono sarcastica e parecchio ma, mi viene il dubbio, troppo sottile… unicamente perché cerco di non urtare i sentimenti delle persone sfodero leggera perifrasi, concetti suggeriti più che urlati, maieutica più o meno spiccia… la gente pensa io scherzi invece gliene sto dicendo da far loro accapponare la pelle. Mah. Se questo mio modus operandi sia una cosa buona o meno, non saprei dirvi…
-mi piace, comunque, la compagnia… ma sono per i gruppi piccoli, gli amici coltivati, le cose per pochi… megafestoni affollati con moderazione, grazie…
-con gli anni sono diventata pigra, pigra, pigra…
-mi rende felice leggere. da sempre. una delle cose più carine che ho mai seguito con invidiosa curiosità (eccerto, dalle mie parti non accadeva mai nulla del genere) negli anni scorsi era l’esperienza di Bookcrossing (http://www.bookcrossing-italy.com/)... ricordate? leave your book in the wild!... un libro contraddistinto da un vistoso, riconoscibile adesivo giallo veniva lasciato su una panchina del parco, sul tavolino di un caffè, nella vetrina di un negozio compiacente… lo si acciuffava, lo si leggeva e lo si rilasciava in libertà. Altra panchina, altro sedile del treno, altra stazione… un formidabile, generoso, democratico modo di far circolare idee, cultura, bacilli e la consapevolezza di appartenere ad un universo sotterraneo ma unito di diffusori di storie, gratuità, conoscenza, curiosità, emotività. Sì. Confesso che l’idea l’ho sentita profondamente mia e che mi emozionava.
un’amica ora mi ha coinvolto in un bookring… in questo ideale anello di carta stampata siamo in sette, al termine avremo letto sette libri, speciali perché scelti da amanti della parola nero su bianco diverse da noi che propongono volumi e storie che forse noi non avremmo scelti mai… ancora idee in circolo. confronti. vitalità.
-le giornate di sole non troppo calde, quelle in cui ti svegli ed un maglioncino ci sta bene, il mare davanti, l’aria che punge.
-l’odore.
della pelle, di un libro, della pelliccia dei miei gatti, dell’erba tagliata nella quale guardare affondare i propri piedi e meglio ancora quelli del proprio figlio, l’odore da ascoltare di un vino rosso complesso, armonico ed infinito.

stop. ne sapete a sufficienza? ne sapete che la metà vi bastava?
fermi lì.

oggi è il primo maggio.
per chi non lo sapesse:
« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »
(Articolo 1 della Costituzione Italiana)


voglio che torni ad essere una Festa per TUTTI.


domenica 25 aprile 2010

ricordate? oggi è il 25 aprile.




Compagni fratelli Cervi

Sette fratelli come sette olmi,
alti robusti come una piantata.
I poeti non sanno i loro nomi,
si sono chiusi a doppia mandata:
sul loro cuore si ammucchia la polvere
e ci vanno i pulcini a razzolare.
I libri di scuola si tappano le orecchie.
Quei sette nomi scritti con il fuoco
brucerebbero le paginette
dove dormono imbalsamate
le vecchie favolette
approvate dal ministero.
Ma tu mio popolo, tu che la polvere
ti scuoti di dosso
per camminare leggero,
tu che nel cuore lasci entrare il vento
e non temi che sbattano le imposte,
piantali nel tuo cuore
i loro nomi come sette olmi:
Gelindo,
Antenore,
Aldo,
Ovidio,
Ferdinando,
Agostino,
Ettore?
Nessuno avrà un più bel libro di storia,
il tuo sangue sarà il loro poeta
dalle vive parole,
con te crescerà
la loro leggenda
come cresce una vigna d'Emilia
aggrappata ai suoi olmi
con i grappoli colmi
di sole.

Gianni Rodari, 1955

venerdì 26 marzo 2010

gli otto vizi capitali.

tecnicamente, da aristotele in giù, sarebbero sette.
perennemente reietti, visti di cattivo occhio da moralisti e beghine, sono a mio giudizio invece suddivisibili -più bonariamente- in simpatici ed antipatici: è antipatica senza dubbio la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira; simpaticissime la lussuria e la gola; ampiamente tollerata l'accidia (che male farà un po’ di sano torpore?).
non essendo comunque io particolarmente suddita del dovere, preferisco non precludermi nessuna possibilità. di conseguenza, ai miei già conclamati aggiungiamo pure un altro vizio capitale, come gli altri due "simpaticissimi" fonte di raffinato godimento e di gioioso, sanamente egoistico, piacere.
la lettura.

eccovi il mio suggerimento, e non vi nascondo che ve lo elargisco perché il bell’incontro mi deriva da una piacevole amicizia da web:


chi lo supporrebbe?, è il primo libro pubblicato da luisa, e l’unica consolazione che abbiamo è l’essere in fibrillosa attesa del prossimo, che ci ha già rassicurati trovarsi in cantiere.

riporto l'indicazione dell'autrice circa la miglior reperibilità del suo elegante, intrigantissimo noir psicologico:
- IN TUTTE LE LIBRERIE D'ITALIA ed estere fornite da Ugo Mursia del circuito ARIANNA
l'elenco delle librerie all'indirizzo-> http://tinyurl.com/yg9mptw
- da subito su -> ordini@ilfiloonline.it
- IBS-> http://tinyurl.com/yftzzd8&nbs p; (senza spazi)
- WUZ.it -> http://www.wuz.it /catalogo/libri/ (senza spazi)
- ed.Gruppo Albatros Il Filo ->http://www.ilfiloonli ne.it/shop
- librishop.it ->http://tinyurl.com/yk pxvxp
- webster.ii
- Libreriauniversitaria.it
- Deastore.com


si parlava anche di gola, mi pare…
qui ho pochissime parole ma chi segue il web sa che il solo nome incute ammirato rispetto: adriano continisio.
ho rieseguito, con grata umiltà, la sua finta sfoglia, che trovate qui (http://profumodilievito.blogspot.com/2010/03/la-finta-sfoglia.html): e l’ho declinata in mille bocconcini, con salmone e (sì, ancora!) maggiorana, con crudo e composta di fichi neri , con rochefort e pere, con pancetta e nocciole , con miele di erica e lardo di colonnata, con parmigiano in scaglie e mostarda mantovana di mele… un deliquio.


...e pensate che alcuni lo chiamano “inferno”.

mercoledì 17 marzo 2010

Maggiorana.

lo scorso anno i miei viaggi hanno subito una battuta chilometrica d'arresto.
e non indifferente.

la gittata media -rigorosamente in auto- dei nostri vagabondaggi offlimits era sui 6000km in tre settimane, rotta a nord finchè si poteva, zigzagamenti vari concessi ma barra rigorosamente dritta a nord. zigzagamenti, sì... ma poca cosa... la méta era sempre un fiordo. una foresta, una chiesetta di legno persa in un bosco, una baia col sole basso e una barchetta capovolta a testa in giù sulla riva: festa finita per quel giorno... se ne riparlava il mattino seguente.

immaginate ora un brusco cambio di quinta.
con un seggiolino, agganciato sul sedile posteriore dell'auto, della portata in peso 0-9kg ed un passeggero che s'indispettisce dopo 10km da casa, il discorso è perentoriamente mutato e non di poco. il disappunto è parimenti cresciuto ma quando è il direttore generale a dare gli ordini... ai sottoposti compete di battere i tacchi.
ai sottoposti furbi, di farlo con astuzia.
carta geografica alla mano, voglia di fresco e relax tenuti in debita ed altissima considerazione, intenzioni di non perdere di vista la comunità sociale e nel contempo di dormire ogni notte il sonno dei giusti senza baccani infernali, si è tracciato a compasso un cerchio intorno al punto di partenza ed esaminate le possibilità di ferie annuali al di sotto di quel raggio.
in una montagna che non aveva ancora dimenticato le sue, prossime, colline: è stato così, signori, che ho incontrato la maggiorana.

che fosse un'erba il cui sentore mi attraesse, lo avevo immaginato già da alcuni fugaci incontri del mio passato. che però fosse, il suo profumo, tanto vicino al poter diventare semplice e pura poesia, questo non lo avevo immaginato.
ha delle foglioline verdi, dal bordo frastagliato: con un intenso aroma di sottobosco frondoso, aromatico, persistente, che certamente la renderà protagonista di molte preparazioni di erboristeria. io l'ho incontrata in un'osteria, dove mai più avrei fantasticato di trovare un accostamento tanto elegante e nel contempo tanto immediato da far riconoscere che, se qualcuno non l'aveva colto prima, era solo per una colpevole e diffusa barbarie culinaria.

ho riprodotto il matrimonio, limando all'inverosimile i protagonisti della cerimonia.
perché quando c'è eleganza autentica, ogni aggiunta è solo uno sgarbo.



Tortelli con la coda ripieni di ricotta e maggiorana

personaggi e interpreti
con l'arduo mestiere di accontentar quattro bocche

per la pasta
2 uova
2hg di farina 0
qualche foglia di maggiorana spezzettata a mano

per il ripieno
400g di ricotta di bufala
150g di parmigiano grattugiato

per cuocere e condire
brodo vegetale delicato (cipolla, carota, sedano)
50g di burro biologico
due cucchiai di parmigiano grattugiato
una trentina di foglie di maggiorana

impastare uova, farina e maggiorana spezzettata per una decina di minuti almeno; dare la forma di palla, chiuderla in un foglio di pellicola trasparente e riporla in frigo per una mezz'ora.
frattanto preparare il ripieno, semplicemente amalgamando insieme la ricotta setacciata ed il parmigiano; mettete anche questo in frigo. trascorso il tempo necessario, stendere l'impasto non troppo sottile (nella macchina imperia, sul 6) e ricavarne con un coppapasta dei cerchi di circa 8-10cm di diametro.
trasferire il ripieno in un sac à poche, e riempire i cerchi di sfoglia: per la chiusura, ringrazio l'amica lù del forum alfemminile.com che gentilmente ha voluto condividere la sua maestria con noi (ammiratela qui, http://www.alfemminile.com/video/see_259915/tortello-con-la-coda.html).

in una padella larga e dai bordi alti, portare a bollore due dita di brodo vegetale: a questo punto, calare tutti i tortelli preparati avendo cura di rimestare con un cucchiaio di legno affinché non si attacchino.
portare a cottura aggiungendo un mestolo di brodo alla volta, mano a mano che si assorbe il precedente, nè più nè meno di come si fa per un risotto tradizionale. una volta tirati al dente, spegnere la fiamma, aggiungere il burro, il parmigiano e le foglioline di maggiorana, mescolare bene avendo cura di non disfare i tortelli e coprire la pentola con il coperchio.
lasciar prendere sapore per due minuti e servire accompagnato da un franciacorta fresco o, più pertinentemente, da un giovane, domato sauvignon blanc.



domenica 7 marzo 2010

donna. finalmente qualcuno che le fa la festa come si deve.


amiche, amici,
ve lo segnalo in fretta e furia perchè... solo ora ho connesso tutto il mio universo e ho rimembrato che posso usare questa pagina quale cassa di risonanza...

domani è la festa della donna, la si veda come si vuole circa la ricorrenza in sè... io ne percepisco l'essenza più intimistica e la vivo sorbendomela sino in fondo... da donna, da madre, da figlia, sorella, nipote... da amante e sicuramente da amica.
tutto questo per segnalarvi l'iniziativa preziosa del MiBAC che ieri ed oggi ha voluto ricordare l'Otto Marzo così

http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html?id=65965&pagename=129

approfittatene. sono tempi miseri e vuoti di cultura: ogni relativa offerta va accolta con curiosa, responsiva gratitudine.

venerdì 26 febbraio 2010

Itaca.





Oggi ho iniziato un viaggio, gravoso, impredeterminabile, tra mille brume e passi incespicanti... un viaggio che mi stanca e mi esalta, e del quale più avanti vi narrerò.
Mi pare uno di quei viaggi che durano una vita, con la méta che di volta in volta ti si avvicina e ti si allontana. Ed ogni volta che si avvicina... è quasi peggio.
Karen Blixen scriveva che gli dei, per punire gli uomini, ne esaudiscono i desideri. Ben triste destino ci è riservato. Ma nondimeno, non conosco nessuno che non abbia rimpianto l'essersi sottratto alle proprie moire... e quanto tenaci sono le sottili corde che ti riconducono, addomesticata o meno, al tuo repulso punto di partenza.
Per questo oggi, improvvisa dai fondi di caffè della memoria, è risorta Itaca.



Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d'incontri
se il pensiero resta alto e il sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga
che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche aromi
penetranti d'ogni sorta, più aromi
inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca
- raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.

Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Costantinos Kavafis


Bonne nuit, mesdames et messieurs.

venerdì 12 febbraio 2010

Odore.

c'è un odore che mi porto dietro da molti anni...
è l'odore del rosmarino che cresceva dietro casa dei miei nonni. in un angolo riparato dell'orto c'era questo maestoso cespuglio, dal tronco legnoso e contorto quasi fosse stato quello di un ulivo, e con rami fitti di aghi di un verde caparbio che si invitavano da soli verso il cielo... mio nonno ne prendeva due o tre, se li fregava tra le mani a campana, poi annusava e sorridente me li porgeva davanti al naso. era un odore intenso ed aromatico, che mi parlava di amore per le proprie fatiche, e del sorriso di un uomo che s'era chinato per cinquant'anni sulla terra, lavorandola sotto tutti i cieli dell'anno, e riuscendo ciononostante -anzi, a maggior ragione proprio per questo- ad amarla nelle sue sfumature ogni giorno di più. un mese nevicava, un altro non pioveva quando avrebbe dovuto, il terzo piombava famelica sulle colture un'arsura che cuoceva gli steli del granoturco. ma la dolcezza testarda di mio nonno ammaestrava tutto... riparava ove un raggio di sole cocente e sgarbato aveva guastato, riannodava paziente i legacci dove una folata rabbiosa di vento estivo aveva strappato il sostegno ai suoi amati pomodori.

questo è il profumo del rosmarino per me.
un profumo delicato e antico, gentile e caparbio... che ancora accarezzo con le mani, dietro casa, in quell'ostinato, antico, odoroso ripostiglio di ricordi.


Oggi.
sono incappata in questa ricetta sul sito inglese di mrs. nigella lawson. non la seguo, ma la so cuoca chiacchierata per i suoi lussuriosi (“decadent”, dicono credo gli inglesi) eccessi di grassi e proteine nei dolci. ho modificato la sua idea di base negli ingredienti (c'era burro) e nel procedimento; quello che cercavo era una grana più rustica e più vicina ai miei sentori ed ai miei nostalgici rimembramenti di rosmarino.

...devo proprio portargliene una fetta, a mio nonno...


INGREDIENTI

100g farina 00, 100g fecola di patate, 50g di semola di grano duro
150g di zucchero semolato più 1 cucchiaio
120ml olio di oliva delicato, ligure o del lago di garda
3 uova
mezza bustina di lievito vanigliato
1 mela renetta
1 rametto piccolo e 1 rametto più lungo di rosmarino
1 cucchiaino di zucchero semolato
zeste di un limone
1 cucchiaino di burro


Preriscaldare il forno a 170 ° C.
Sbucciare la mela e farla a tocchetti; disporla in una padella bassa con un cucchiaino di burro, un cucchiaino di zucchero e metà del rametto piccolo di rosmarino. Mettere a cuocere a fiamma bassa; quando i cubetti risultano morbidi e leggermente dorati porre a raffreddare.
Nel robot, frullare la mela insieme ai suoi aghi di rosmarino; aggiungere poi l'olio, i 150g di zucchero, le uova, la farina, le zeste di limone e il lievito in polvere. Miscelare sino ad ottenere un impasto liscio e corposo. Disporlo, livellandolo, in uno stampo da plumcake precedentemente imburrato ed infarinato. Cospargere la superficie con il restante cucchiaio di zucchero e poi appoggiare il rametto lungo di rosmarino al centro dello stampo, facendolo leggermente aderire al composto.
Infornare per circa 30-40 minuti, prestando attenzione alla doratura della superficie: facendo la prova dello stecchino, dovrà uscire pulito.
Risulterà un dolce intensamente profumato. Servirlo accompagnandolo con una crema inglese tiepida, velata di zeste di limone e aromatizzata con la seconda metà del rametto piccolo di rosmarino.



giovedì 4 febbraio 2010

L'inizio.


lo scriviamo tutti
probabilmente per tutti o quasi è vero: iniziamo per gioco...
per voglia di dire, per cercare qualcosa fuori da noi, per quella meravigliosa gioia del confrontarsi che ci rende unici e umani e insaziati, se non troviamo qualcosa al di fuori di noi...
dopo mesi che ho fermato questo blog e questo nome, oggi, L'inizio.
con una piccola cosa... che dedico alla mia inestimabile prima sostenitrice, anna, con incredulo affetto per la fiduciosa stima che, ancor prima di conoscermi, ha voluto riporre in questo virtuale foglio bianco.



Felicità

C'è un'ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato,
la felicità
è 'na piccola cosa.

Trilussa



... à bientot